STEFANO PAGLIARINI

GIORNALISTA

Costruire una comunità educante, la sfida al centro del festival Ensemble

Un adolescente su 7 pensa che controllare la propria partner è segno d’amore. Più del 50% dei giovani tra i 14 e i 15 anni ritiene che baciare qualcuno senza il suo consenso non sia una forma di violenza. Se questi sono i dati di partenza, tratti dall’indagine Teen di Fondazione Libellula, non è difficile credere che il 43% degli uomini pensa che la violenza di genere non sia un fenomeno che li riguarda.

Violenza sulle donne e comunità educante

Questa evidenza è quella da cui sono partiti gli ospiti della tavola rotonda “Una risposta collettiva alla violenza di genere: la comunità educante” tenutasi lo scorso 4 maggio, a cui hanno partecipato Alessia Dulbecco, scrittrice e pedagogista,  Stefano Pagliarini, giornalista,  Debora Moretti, founder di Fondazione Libellula e moderata da Flavia Brevi, all’interno del festival della genitorialità no filter Ensemble, organizzato a Milano da Luz Agency ispirato al lavoro di Anna Acquistapace, founder del podcast Grembo.

Un momento di riflessione per tutta la comunità dei comunicatori, a cui i relatori hanno rivolto un appello, verso una responsabilità più consapevole di chi comunica. “Serve ripensare il concetto di “genitorialità” come responsabile dell’educazione di bambini e bambine: questo compito fondamentale non è più delegabile solo a genitori, famiglia e scuola –  ha incalzato Flavia Brevi, responsabile della comunicazione di Fondazione Libellula -; i media hanno una enorme responsabilità perché oggi sono facilmente accessibili a tutti e fin da età prescolare e hanno allargato i confini della comunità educante. Abbiamo una responsabilità collettiva nei confronti delle nuove generazioni, la loro educazione non è in mano solo ai genitori o alla scuola”.

Il ruolo di media e social

Alla base di questa nuova visione ci sono i dati sempre più chiari che riguardano la fruizione dei social media e delle fonti digitali di informazione in generale da parte degli adolescenti, ma anche di bambini e bambine durante l’infanzia. In particolare, le ultime analisi che arrivano dagli Stati Uniti, hanno già da qualche mese sollevato l’allarme sull’impatto che i social media hanno sulla salute mentale degli adolescenti. Il Surgeon General degli Stati Uniti, che è il capo operativo del Corpo incaricato del servizio sanitario pubblico e il principale portavoce in materia di salute pubblica del governo federale, ha divulgato qualche mese fa numeri allarmanti: un terzo o più delle ragazze di età compresa tra 11 e 15 anni afferma di sentirsi “dipendente” da determinate piattaforme di social media e oltre la metà degli adolescenti riferisce che sarebbe difficile rinunciare ai social media.

Alla domanda sull’impatto dei social media sulla propria immagine corporea, il 46% degli adolescenti di età compresa tra 13 e 17 anni ha affermato che i social media li fanno sentire peggio, il 40% ha detto che non li fa sentire né meglio né peggio, e solo il 14% ha detto che li fa sentire meglio. Inoltre, il 64% degli adolescenti è “spesso” o “a volte” esposto a contenuti basati sull’odio attraverso i social media.

L’intervento di Stefano Pagliarini

A proposito di media, uno degli interventi è stato quello del giornalista Stefano Pagliarini che, alla fine dell’incontro, si è appellato agli uomini: “L’errore più grande che possiamo continuare a fare è quello di pensare di continuare ad affrontare questo tema, quello della violenza sulle donne, applicando un nostro schema al resto del mondo, cioè immaginando che il nostro modo di ragionare e di sentire le emozioni sia applicabile a quello di una persona completamente diversa da me – ha detto Pagliarini -. Si sbaglia se si pensa che, siccome io sono comodo in una determinata situazione, allora non vedo perché non ci debba stare bene anche quella persona che maga si lamenta. Questo è un errore gravissimo. Se io sono cresciuto in una condizione di privilegio perché, da maschio, non ho paura a girare per quella strada, in quella ora, col timore di essere fermato e violentato, buon per me. Ma io devo avere la capacità di riconoscere quel mio privilegio e accettare il fatto che, in quella stessa strada, per una donna, che magari già porta con sé dei traumi, un banale catcalling, può essere fonte di terrore.

Dunque si può accettare il fatto che un’altra persona chieda di non ricevere attenzioni non richieste? Secondo me sì. Allora chiediamo agli uomini di applicare il loro bagaglio culturale ed esperienziale al resto del mondo e alle donne; ascoltiamo le donne e ragioniamo sul fatto che ciò che a noi non tocca, a qualcun altro può ferire. Se cominciamo a fare questo esercizio intellettuale, cambia la visione di come guardiamo al mondo e forse riusciamo a fare qualcosa di buono già da oggi per le donne” ha concluso il giornalista.

Ancora una volta è la città di Milano a intercettare le esigenze della nuova contemporaneità e, all’interno dello spazio polifunzionale Stecca3, si sono alternate sabato 4 e domenica 5 maggio circa un migliaio di persone. Molte famiglie, genitori single, educatori ed educatrici, ma anche chi si occupa di giornalismo e comunicazione, arte, amministrazione pubblica hanno animato il laboratorio di Ensemble da cui fare partire una nuova consapevolezza, a cui lavorare insieme.

“Anzitutto c’è un aspetto economico che è fondamentale e che riguarda soprattutto le madri – ha spiegato Anna Acquistapace, direttrice artistica del festival- Senza una reale parità di genere nell’accesso al mondo del lavoro e nella retribuzione la genitorialità resterà un peso distribuito in maniera non equilibrata. Perché questo accada è necessario un cambiamento sociale, in termini di accesso ai servizi e di capillarità di pratiche sociali che rendano più semplice la maternità, come l’accesso agli asili nido, la possibilità di fruire di reti educanti e un supporto psicologico strutturale. Ciò significa che la politica deve inserire tra le priorità della sua agenda le iniziative a supporto della genitorialità, che riteniamo preferibili a una sterile difesa dell’istituzione “famiglia”, incidendo profondamente anche sull’aspetto educativo, sia in termini collettivi che dei più piccoli. Solo se questi quattro aspetti diventeranno un impegno condiviso e comune si potranno realizzare quei cambiamenti più profondi, di ordine culturale, che imprescindibili per una genitorialità più serena, che diventi scelta consapevole di vita e non necessità riproduttiva o desiderio emotivo”.

 

Stefano Pagliarini

Giornalista di strada. Classe 1984. Stefano Pagliarini è nato a Vercelli e cresciuto ad Ancona. Si è laureato in Scienze Politiche all’università di Macerata, per cui è stato autore di alcune pubblicazioni scientifiche. Sul quotidiano Il Messaggero, per cui ha collaborato dal 2012 al 2014, ha firmato numerosi articoli sul caso del latitante Filippo De Cristofaro (“killer del catamarano”), tra cui un reportage sulla sua evasione nel 2014. Ha collaborato col giornale online AnconaToday, del gruppo Citynews dal 2011, di cui ha poi assunto la carica di responsabile editoriale dal 2015 al 2021. Si è sempre occupato soprattutto di cronaca nera e giudiziaria, con reportage e inchieste sul terremoto delle Marche dal 2016 e della c.d. Strage di Corinaldo dal 2018. Per gli esteri di Today.it, nel 2020, firma un reportage dal Kenya, dove ha lavorato per quasi un mese. Oggi è giornalista della redazione nazionale di Today.it. Oltre il lavoro c’è il nuoto, calcio, cinema e fumetti di Batman. Ha scritto un libro sul fenomeno dei minori stranieri non accompagnati nel 2008, ma quella era un’altra vita.

About Me

Giornalista di strada. Classe 1984. Sono nato a Vercelli, mi sono laureato in Scienze Politiche all’università di Macerata e sono cresciuto ad Ancona. Ex Il Messaggero. Collaboro con Ancona Today e Citynews dal 2011. Mi sono sempre occupato soprattutto di cronaca nera e giudiziaria. Oltre quello c’è il nuoto, calcio, cinema e fumetti di Batman. Ho scritto un libro sulla legge Bossi-Fini, ma era un’altra vita. Continua a leggere…

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