STEFANO PAGLIARINI

GIORNALISTA

Perché il film “Barbie” merita di essere visto

Ho visto il film “Barbie”, con Margot Robbie (Barbie), Ryan Gosling (Ken) e Will Ferrell (Mattel Ceo) e devo dire che sono rimasto piacevolmente colpito. Diciamolo subito: questo è un blockbuster e non è nemmeno chissà quale sceneggiatura. Ci sono stati momenti in cui mi sono anche annoiato e ho fatto fatica a seguire la trama. Non vedrete né un film socialmente impegnato capace di cambiarvi l’esistenza ma nemmeno un film demenziale privo di contenuti. 

Tuttavia merita di essere visto. Barbie, la bambola, è il cavallo di Troia di Greta Gerwig e Noah Baumbach per parlare di come la nostra società sia impregnata di maschilismo; di come ci sia un problema, almeno per le donne, che si chiama “patriarcato”. Non a caso la parola “patriarcato”, che per qualche uomo tanto macho quanto insicuro rappresenta una bestemmia, viene nominata in modo esplicito almeno cinque volte negli oltre 120 minuti di pellicola. 

Barbie è un film in cui le bambole vivono in un mondo fantastico, dove le donne (cioè le Barbie) hanno il potere, sia quello sociale che economico e politico. Una realtà nella quale, al contrario del mondo reale, gli uomini (i Ken) non solo sono in minoranza numerica rispetto alle Barbie ma sono anche delle macchiette. Sono quasi inutili e infatti vivono ai margini con un solo scopo di vita: compiacere le donne. Vi ricorda qualcosa? Sì, esatto, proprio come nella società in cui viviamo noi, solo al contrario. 

La nostra società esiste anche nel film. Per motivi che scoprirete andando al cinema, la protagonista (Barbie stereotipo) deve andare nel mondo reale per compiere una missione importante. L’impatto sarà choccante. Qui le donne, che nel suo mondo sono unite e considerate per il proprio valore, vengono trattate dagli uomini come degli oggetti. Barbie si sente a disagio, si sente mortificata e dice espressamente di percepire “qualcosa di violento”. A Ken, che l’accompagnerà, non pare vero invece e non vede l’ora di sapere tutto sul patriarcato. Non per combatterlo ma per applicarlo alla lettera. Tutto questo porterà a degli avvenimenti che sarà interessante da seguire ma anche divertente. Il film infatti si prende gioco del patriarcato della società moderna con anche una buon dose di ironia. 

Barbie merita di essere visto perché ci fa riflettere sulla condizione delle donne, su come ogni donna possa fare la propria parte per cercare di migliorare la condizione di tutte, fino a un mondo in cui nessuna debba più essere considerata solo per il proprio corpo. Come? Intanto smettendo di essere sempre in guerra l’una contro l’altra per compiacere gli uomini. Gli stessi uomini che, intanto, fanno finta di cambiare perché, come si dice nel film, “siamo sempre maschilisti ma abbiamo imparato a nasconderlo meglio”. Io ho subito pensato alle quote rosa ma è stato un mio  pensiero.

Dunque un bel messaggio per tutte le donne. Ma lo consiglio soprattutto ai maschi perché, almeno secondo me, oggi una delle sfide più grandi è far capire a noi uomini che tutti quei comportamenti che siamo abituati a considerare divertenti, goliardici, possono invece fare molto male alle donne. Qualcuno neanche se ne rende conto mentre per molti è uno strumento di potere, un modo per affermare se stessi attraverso la prevaricazione. Il patriarcato è quello: la normalizzazione di atteggiamenti di sopraffazione, anche piccola. Il momento preciso in cui Barbie e Ken arrivano nel mondo reale rappresenta un bel bagno di realtà per chi non capisce come certe battutine, certi commenti non richiesti, certi atteggiamenti possano essere come lame per le donne, già costrette a crescere in un contesto in cui si vale solo per quel pezzo di natica messa in mostra. Barbie ci porta all’autocritica, a dubitare che forse può valere la pena rinunciare a sessualizzare ogni donna nel nome di un principio basilare, cioè il rispetto per un altro essere umano. Per noi è goliardia, per loro è mortificazione. Così semplice e banale ma anche così difficile da capire per gli uomini.

Il finale (che non vi svelo) è una “lotta” per potere fra uomini e donne. Uscendo dal cinema un mio amico ha commentato: “Sarebbe bello che, se esistesse una lotta così nella realtà, non ne uscisse vincitore nessuno. In fondo il messaggio dovrebbe essere che uomini e donne possano convivere senza che uno prevalga sull’altro”. Giusto? Forse. Ma le donne sono sottomesse da secoli. Se domani avessero loro tutto il potere, dopo una battaglia che passa inevitabilmente per un nuovo senso di unità fra donne, e noi uomini fossimo rilegati a un insipido contorno, perché esse dovrebbero rinunciarvi? Noi uomini ci stiamo bene da secoli e ce la spassiamo a fare i duri o gli angeli custodi dell’indifeso gentil sesso. Le donne comincerebbero a godere almeno quanto gli uomini hanno fatto fino a oggi. E dunque, potreste mai biasimarle? Io no.    

Stefano Pagliarini

Giornalista di strada. Classe 1984. Stefano Pagliarini è nato a Vercelli e cresciuto ad Ancona. Si è laureato in Scienze Politiche all’università di Macerata, per cui è stato autore di alcune pubblicazioni scientifiche. Sul quotidiano Il Messaggero, per cui ha collaborato dal 2012 al 2014, ha firmato numerosi articoli sul caso del latitante Filippo De Cristofaro (“killer del catamarano”), tra cui un reportage sulla sua evasione nel 2014. Ha collaborato col giornale online AnconaToday, del gruppo Citynews dal 2011, di cui ha poi assunto la carica di responsabile editoriale dal 2015 al 2021. Si è sempre occupato soprattutto di cronaca nera e giudiziaria, con reportage e inchieste sul terremoto delle Marche dal 2016 e della c.d. Strage di Corinaldo dal 2018. Per gli esteri di Today.it, nel 2020, firma un reportage dal Kenya, dove ha lavorato per quasi un mese. Oggi è giornalista della redazione nazionale di Today.it. Oltre il lavoro c’è il nuoto, calcio, cinema e fumetti di Batman. Ha scritto un libro sul fenomeno dei minori stranieri non accompagnati nel 2008, ma quella era un’altra vita.

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Giornalista di strada. Classe 1984. Sono nato a Vercelli, mi sono laureato in Scienze Politiche all’università di Macerata e sono cresciuto ad Ancona. Ex Il Messaggero. Collaboro con Ancona Today e Citynews dal 2011. Mi sono sempre occupato soprattutto di cronaca nera e giudiziaria. Oltre quello c’è il nuoto, calcio, cinema e fumetti di Batman. Ho scritto un libro sulla legge Bossi-Fini, ma era un’altra vita. Continua a leggere…

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