Stava tornando in ospedale per coprire un turno serale lei, una dottoressa specializzanda di 31 anni. Venerdì sera 9 agosto (2024) era entrata in servizio al Kar medical college di Calcutta, capitale dello Stato del Bengala Occidentale, nel reparto di pneumologia. Lì è stata stuprata da più persone e poi uccisa. L’episodio ha scatenato proteste in diverse città nel giorno di Ferragosto, con decine di migliaia di donne (ma anche uomini) scese in strada a Calcutta. Nel campus universitario sono anche scoppiati dei disordini.
Le grandi manifestazioni e la rabbia sfogata nelle piazze è dovuta a un mix di questioni aperte in India. Intanto un tema politico molto dibattuto: cioè quello della scarsa sicurezza negli ospedali. Ma soprattutto le condizioni delle donne, in un paese in cui i numeri del National Crime bureau parlano di 51 aggressioni a donne ogni ora; 31.516 denunce di stupro nel 2022 e quasi 8mila donne uccise per motivi di genere nel 2021 (ultimo dato). Tanto che, ad aver fatto esplodere la reazione delle donne in protesta, è stato non solo il tentativo di insabbiare la questione da parte dell’ospedale, che in un primo comunicato stampa aveva parlato di suicidio, ma anche le dichiarazioni del direttore della struttura sanitaria, secondo il quale la dottoressa “non avrebbe dovuto avventurarsi da sola di notte in un reparto isolato e poco frequentato”.
La polizia ha riferito che nel campus decine di persone hanno attaccato veicoli e messo a soqquadro i reparti dei pazienti nella serata locale di mercoledì per protestare; la polizia ha usato lacrimogeni durante gli scontri. Proteste più piccole si sono tenute in altre città come Nuova Delhi, Hyderabad e Mumbai. Gli ospedali governativi di diverse città indiane hanno sospeso i servizi medici, ad eccezione dei reparti di emergenza, mentre i manifestanti hanno chiesto giustizia, sostenendo che si sia trattato di uno stupro di gruppo e che siano state coinvolte più persone.
Lo stupro e i riscontri
A denunciare il fatto è stata proprio la famiglia della donna, che ha detto di aver inizialmente ricevuto una chiamata dal grosso ospedale pubblico dal quale dicevano di aver trovato il suo cadavere, sostenendo che si fosse suicidata. Ma sono proprio i risultati dell’autopsia a smentire questa versione. Secondo l’autopsia la donna sarebbe stata strangolata dopo “un attacco brutale e violento”, aveva ferite alle orecchie che suggerivano che potesse essere stata imbavagliata, morsi sul collo e le gambe “divaricate di 90 gradi” in un modo innaturale e forzato. L’autopsia dice anche che nel suo corpo è stata trovata una quantità di sperma tale da far pensare a uno stupro di gruppo.
Da qui le proteste in tutta l’India, dove gli attivisti per i diritti delle donne affermano che il problema è particolarmente acuto nelle aree rurali. Il 15 agosto il premier indiano Narendra Modi ha condannato le atrocità contro le donne nel Paese: “C’è indignazione nel Paese. Posso sentire questo sdegno” ha detto Modi in un discorso alla nazione in occasione del 78° Giorno dell’Indipendenza.
I precedenti
Stupri e violenze sessuali in India sono sotto i riflettori dopo che nel 2012 si verificò un brutale stupro di gruppo e uccisione di una studentessa di 23 anni su un autobus a Nuova Delhi. L’attacco ha scatenato proteste di massa e ha ispirato i parlamentari a ordinare pene più severe per questi crimini e la creazione di tribunali rapidi dedicati ai casi di stupro. La legge sullo stupro è stata modificata nel 2013, rendendo reato lo stalking e abbassando da 18 a 16 anni l’età in cui una persona può essere processata come adulto. Nonostante le leggi severe, gli attivisti per i diritti ritengono che il governo non stia facendo abbastanza per proteggere le donne e punire gli aggressori.