C’è un Comune in Italia dove la politica è sparita. È stata praticamente abolita dal 2021 quando si è dimesso l’ultimo sindaco. Da quella volta, nessuno si è proposto di guidare l’amministrazione locale. La speranza sembrava rinata alle scorse comunali, quelle del 21 maggio scorso, quando si è presentato un solo candidato. Il problema è che, per rendere l’esito valido, doveva votare almeno il 50% più uno degli avanti diritto. Peccato che alle urne non si sia presentata neanche la metà dei votanti. Per questo non è stata eletta neppure l’unica persona resasi disponibile negli ultimi due anni.
Così, almeno fino alla prossima primavera, resterà senza guida politica Lona-Lases, un centro abitato da meno di novecento anime nel cuore del Trentino. Il motivo? La routine è stata sconquassata da un’indagine della magistratura, conclusasi nell’ottobre 2020 con una raffica di misure di custodia cautelare per politici e imprenditori locali. Tutti accusati di fare affari per conto della ‘ndrangheta con l’oro rosso: il porfido con cui si pavimenta l’Italia intera. Di questa roccia vulcanica Lona-Lases è un’unica grande miniera naturale dove sono sorte cave e aziende per la lavorazione dei semilavorati grezzi. Per decenni, tutta l’economia della cittadina e dell’intera Val di Cembra si è basata sulle cave di porfido. Fino all’ottobre 2020, quando sono arrivati i primi arresti. Da quel momento il tempo si è fermato ed è come se i trentini avessero smesso di guardare al futuro. Al punto da rifiutare anche quanto di più democratico ci sia: le elezioni.
Lona-Lases si trova a circa venti chilometri a nord di Trento. Appena si varca il confine, lasciandosi sulla destra il piccolo lago di Lases, ci si rende presto conto di essere in un posto in cui le miniere di porfido rappresentano il cuore pulsante della vita cittadina. Lo stesso porfido di cui sono fatti i vicoli che accompagnano i passi di chiunque si inoltri per i piccoli agglomerati di case dai colori tenui e gli infissi in legno, incastonati nel verde delle alte vallate. È impossibile girare nei dieci chilometri quadrati di paese senza imbattersi continuamente in qualcosa che abbia a che fare con la filiera produttiva del porfido: cave; fabbriche per la lavorazione della roccia grezza; magazzini con decine di bancali di lastre di roccia; ma anche negozi che vendono piastrelle o lastricati fatti con l’oro rosso. Tutto fermo oggi, in attesa che la giustizia faccia chiarezza. Con il lavoro però si è fermata anche la vita pubblica.